Il #bambino nasce con una serie di dispositivi innati che gli permettono da subito di entrare in una relazione molto intima con il caregiver, tra questi dispositivi c’è sicuramente il «contatto oculare» con i genitori.
Il bambino che sta costruendo nella sua mente la realtà sociale, gli attribuisce anche un significato emozionale, oltre lo #sguardo entrano in gioco la #mimica, l’intonazione della #voce e la sua modulazione , la #postura e gli elementi contestuali che riguardano il chi, il dove, il quando.
Aspetti che vanno tenuti in considerazione quando si va a costruire una relazione “terapeutica” con i bambini.
Lo «sguardo» implica un qualcosa che va al di là del semplice guardarsi negli #occhi, possiede una vera e propria valenza socio-comunicativa.

L’«intersoggettività» si realizza attraverso codici inscritti nella conoscenza innata e si estende all’analisi di tutta un’altra serie di “segnalatori” che si associano al contatto oculare e che rientrano nella mimica facciale (espressione del volto , movimenti della bocca, rima labiale, rughe della fronte, solchi naso-genieni ecc.), attualmente “messi in secondo piano” dall’uso dei DPI , in particolare dall’ uso di mascherine di protezione .
A partire dai 9 mesi di vita il bambino entra in una nuova fase del suo sviluppo: il rapporto con il caregiver è meno «totalizzante» in relazione alle necessità che spingono il bambino a capire e a conoscere ciò che succede intorno a lui. 
Il bambino non impara dall’altro, ma ATTRAVERSO l’altro.
Si tratta di una prospettiva che non si limita al semplice uso strumentale dell’altro, ma che si estende all’imitazione delle azioni altrui, di cui comincia a comprendere gli scopi.

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